L’istruzione tecnica superiore per l’occupazione di qualità

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Bisogna riprendere la collaborazione fra imprese e istituzioni formative. Le nostre esperienze della Convenzione fra MIUR e Altagamma, e di supporto agli ITS con Assolombarda, ci confermano che è necessario e possibile. Il tema del potenziamento e valorizzazione dell’Istruzione tecnica superiore è di grande attualità. Oggi ci sono solo 8.000 studenti di Istruzione tecnica superiore. Il Ministro Calenda ha opportunamente detto che bisogna farli diventare presto 100.000, per avvicinarci agli 880.000 della Germania.

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Questo tema è presente nel programma di tutti i partiti, come rilevato dalla ricerca di Adapt.

Queste sono oggi le azioni chiave che il nuovo governo dovrà necessariamente mettere in cantiere.

Rafforzare la collaborazione fra Università e ITS

Nella situazione italiana in cui la disoccupazione giovanile è al 35%, in cui si registra uno skill gap di almeno 100.000 posti di lavoro non coperti per mancanza di competenze che è destinato a crescere con lo sviluppo dell’Industria 4.0, in uno scenario in cui il 50% dei mestieri e delle professioni che ci saranno fra 5/10 anni oggi non esistono ancora, diventano strategiche scuole che combinino aderenza al mercato del lavoro e innovatività, che siano basate su concretezza e apertura al cambiamento, che formino hard e soft skills.

Gli 85 Istituti Tecnico Superiori post secondari ITS in Italia in questi anni hanno raggiunto risultati importanti ma non imponenti: hanno per oggetto profili e competenze ricercate dalle aziende, sono basati sulla collaborazione fra sistema pubblico di istruzione e aziende, fanno registrare un tasso di occupazione di circa l’85% alla fine dei corsi ma purtroppo hanno ancora solo circa 6.000 studenti. In Germania gli allievi delle omologhe Fachhochschule sono 880.000, un numero che incide marcatamente sui tassi di occupazione giovanile e sulla produttività delle imprese.

La struttura e i numeri delle Università italiane sono quantitativamente in linea con altri Paesi europei: 95 università tra pubbliche e private coinvolgono oltre 1,6 milioni di studenti. Ma con le principali eccezioni di medicina e ingegneria, le università offrono formazione della persona e titoli di studio ma per lo più non forniscono formazione abilitante per svolgere professioni richieste dal mercato del lavoro, demandandola ai datori di lavoro dopo l’assunzione. Riprenderà probabilmente ora il progetto sospeso per un anno di costituire lauree professionalizzanti triennali in tutte le facoltà.

I rapporti fra il sistema universitario e i canali di istruzione post-secondari non universitari in Italia non sono mai stati facili. Un primo tentativo di costruire in Italia qualcosa di simile alle Fachhochschule tedesche era stato affidato a Federico Butera nel 1998 dal premier Prodi e dal ministro della Pubblica Istruzione Berlinguer: il progetto, condotto in collaborazione fra Ministero della Pubblica Istruzione, CRUI e Confindustria fu approvato dalla Conferenza Stato Regioni il 9 Luglio 1998 e venne approvato con la legge 144/99, ma fu poi prontamente ridotto a una versione limitata ai corsi IFTS di sola competenza di Regioni e Direzione Istruzione del Ministero. Con il Decreto Legislativo del 7 febbraio 2013 sono stati vigorosamente rilanciati i corsi ITS di durata fra 4 e 6 semestri di cui il 30% in azienda e con il corpo docente proveniente per almeno il 50% dal mondo del lavoro.

Occorre evitare la cannibalizzazione degli ITS da parte delle future lauree professionalizzanti, pericolo del tutto superato nei sistemi di Francia, Germania, Svizzera e propone sia iniziative concrete sia un quadro di sistema che renda compatibili, sinergici, permeabili i due sistemi. Le prime iniziative concrete sono quella di riattivare la esistente “passerella” che consenta ai diplomati dei corsi ITS l’acquisizione di crediti riconosciuti dalle Università e quella di prevedere una nuova “passerella” fra Università e ITS che renda possibile l’assorbimento negli ITS di parte degli studenti che abbandonano l’Università (il 20% dopo un anno, il 39% dopo due anni, il 45,2% dopo tre anni). L’azione di sistema a sua volta è quella di rafforzare le sinergie fra MIUR, Ministero del Lavoro, MEF, Regioni e aziende: Andrea Illy ed io in un articolo sul Sole 24 Ore del 12 Aprile 2017 avevamo proposta una “situation room” per monitorare l’integrazione rispetto ad outcome misurabili, come occupazione e produttività.

In aggiunta a miglioramenti del sistema normativo esistente – su cui altri interverranno – alcune azioni che tale “situation room” potrebbe promuovere sono a mio parere le seguenti.

  1. Ridefinire la divisione del lavoro fra i canali formativi progettando new skills for new jobs. Occorre una nuova fase di analisi e progettazione dei mestieri, delle professioni e delle competenze necessarie per lo sviluppo e la diffusione delle imprese dell’Italian Way of Doing Industry, ossia di quelle imprese che posseggono un saper fare distintivo che assicura loro un successo internazionale, oggi proiettate verso l’Industria 4.0 ad alto livello di digitalizzazione. Questo saper fare è quello degli imprenditori capaci di tradurre l’offerta di eccellenza in soluzioni di business globale; è quello dei manager capaci di costruire e gestire industrie innovative intorno ai prodotti e servizi di eccellenza; è quello degli scienziati che progettano nuovi sistemi tecnologico-organizzativi; quello degli artisti che creano prodotti e servizi belli e industrializzabili di nuova concezione: questo ampio campo del saper fare italiano è probabilmente l’area delle professioni che l’Università può meglio sviluppare. Il saper fare dei ruoli, mestieri e professioni che operano nei processi di realizzazione di prodotti e servizi di alta qualità al cliente finale o intermedio; che contribuiscono a integrare processi, tecnologie, attività altamente complesse e interdipendenti; che animano o partecipano proattivamente al lavoro di gruppo: tutto questo può essere l’area dei mestieri e delle professioni sviluppate dall’ITS. Il saper fare dei tecnici e degli artigiani capaci di realizzare i prodotti usando la propria maestria della mente e delle mani è l’area dell’istruzione tecnica e professionale. E’ stata costituita una cabina di regìa al MIUR per rivedere i profili ITS. Forse la CRUI che propone le lauree professionalizzanti dovrebbe fare lo stesso e integrarsi con il lavoro del MIUR.
  2. Rafforzare strutturalmente il sistema ITS. Costituire una Direzione Generale presso il Miur, dotare il sistema di risorse maggiori, rafforzare i titoli di diplomi, potenziare i servizi alle imprese e al sistema scolastico e forse cambiare la denominazione di ITS, dando più rilievo al suo carattere di robusto canale formativo parallelo all’Università.
  3. Potenziare la comunicazione alle famiglie e agli studenti. Il MIUR, le Regioni, gli Uffici Scolastici Regionali, le associazioni imprenditoriali, stanno moltiplicando incontri e convegni per illustrare le caratteristiche dell’ITS e degli altri canali formativi. Occorre coinvolgere maggiormente i quotidiani, la televisione, il cinema, i social media e tornare a raccontare il lavoro, i percorsi formativi e le opportunità per i giovani: a comprendere il lavoro delle precedenti generazioni ha contribuito più “Tempi moderni” di Charlie Chaplin, “La chiave a stella” di Primo Levi, “Il posto” di Ermanno Olmi di mille mansionari e programmi scolastici. Ora occorre raccontare il lavoro e la formazione dell’Industria 4.0.
  4. Promuovere la partecipazione delle imprese. Una recente ricerca di Assolombarda sui costi e i vantaggi dei corsi ITS per le Imprese ha mostrato che solo il 36% delle aziende conosce gli istituti di Istruzione Tecnica Superiore (ITS), ma il 65% sarebbe interessata a collaborare ad essere coinvolta in percorsi formativi. Occorre promuovere forti incentivi economici, normativi, di immagine che spingano un numero molto più elevato di imprese a partecipare sia all’ITS che alle lauree professionalizzanti, identificando le differenziate reason why per partecipare.
  5. Promuovere e diffondere progetti esemplari. Molte delle 85 Fondazioni ITS stanno accumulando casi virtuosi, esperienze e dati preziosi sulla “via italiana all’ITS”: assetti organizzativi e di collaborazione scuola/impresa, profili professionali reali, sistemi di selezione, metodi formativi, formazione di formatori e molto altro. La Regione Lombardia e la Regione Emilia Romagna per esempio hanno attivato progetti di ricerca-intervento sui casi più virtuosi. Assolombarda promuove progetti pilota ITS e di Lauree Professionalizzanti. Altagamma ha avviato un progetto per lo sviluppo di Poli Tecnico Professionali sui curricula delle imprese culturali e creative.
  6. Finanziarie l’ITS attraverso il Piano Industria 4. Nella formulazione della nuova normativa, occorre che si precisi bene che i finanziamenti alla formazione siano destinati ad attività di formazione promosse dall’impresa e erogate anche con una propria significativa quota di codocenza, attività rivolte a sviluppare ruoli, mestieri e professioni che combinino quelle competenze tecniche e quelle capacità comportamentali che aumentino l’occupabilità delle persone e che consentano l’efficace implementazione degli investimenti nelle tecnologie previste nel Piano Nazionale Impresa 4.0, con particolare riferimento alle aree di data management, tecnologie di produzione 4.0; vendita e marketing delle tecnologie

In sintesi Università e ITS devono condurre insieme la medesima partita, progettando una divisione del lavoro e una sperimentazione focalizzata su obiettivi misurabili della occupazione dei giovani e della produttività dell’impresa.

 

Uno sviluppo più approfondito di questa tematica è consultabile nel saggio “L’evoluzione del mondo del lavoro e il ruolo della istruzione e formazione tecnica superiore”, in Professionalità Studi, 1, 2017.

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